Arnolfo di Cambio

Ultima modifica 29 ottobre 2020

Lo scultore e architetto Arnolfo di Cambio, nato a Colle di Val d'Elsa nel 1245 circa, morì a Firenze prima del 1310.

E' Giorgio Vasari a costruire, nelle "Le vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori", una prima "fortuna" per Arnolfo, delineando per lui un personaggio poliedrico, capace di restituire dignità all'architettura dopo "secoli bui" del Medioevo.
La prima documentazione della sua opera si ha a Siena nel 1266, come discepolo di Nicola Pisano e collaboratore di Giovanni Lapo Pisano al pulpito del Duomo.

È anche ipotizzata una sua collaborazione all'arca di S. Domenico a Bologna dal 1265 al 1267.

Arnolfo conobbe l'arte romana e del meridione, come rivela la tomba poi smembrata del cardinale Annibaldi (1276) in S. Giovanni in Laterano, che costuì un prototipo per le tombe romane del periodo gotico e imposta il problema del rapporto architettura-scultura.
Nel 1277, e così ancora nel 1281, fu presente a Perugia, dove eseguì tre figure di Assetati, resti di una fontanella per la piazza Maggiore, di sobrio ed efficace naturalismo.
Il suo nome è legato anche al monumento al cardinale De Braye (1282), poi smembrato e malamente ricomposto, nella chiesa di S. Domenico a Orvieto; ai cibori di S. Paolo fuori le Mura (1285) e di S. Cecilia in Trastevere (1293) a Roma; al sacello del papa Bonifacio IV (1296); nel vecchio S. Pietro in Vaticano, dove si qualifica architector.
Nelle sculture superstiti della facciata di S. Maria del Fiore di Firenze, tra cui spiccano una grande statua della Madonna col Bambino e la Vergine della Natività (1296-1302, Firenze, Museo dell'opera del Duomo), di solennità classica, la sintesi formale affianca l'autore a Giotto, quale innovatore dell'arte italiana medievale.

Come architetto gli sono attribuiti a Firenze il progetto della stessa S. Maria del Fiore (1296) e interventi in S. Croce, oltre ai meno certi Palazzo Vecchio (1299) e al rifacimento della badia.
Quanto basta per rivelare la sua concezione monumentale dello spazio, ampio e classicamente scandito nelle componenti strutturali, che apre la via all'arte del Trecento e del Rinascimento.

Ma se poche furono le "fornute" di Arnolfo ai suoi tempi, forse proprio per la scarsità delle fonti, nell'ottocento questo divenne tanto famoso che di lui se ne fecero le più svariate rappresentazioni su materiali diversi.
Una parte importante sarà riservata alla figura di Arnolfo nell'Opera "Gianni Schicchi" di Giacomo Puccini (1858-1924), nel cui libretto, Giovacchino Forzano cita Arnolfo quale modello esemplare della "gente nova del contado", rappresentandolo come il prototipico della nuova cultura italiana.
L'Opera fu allestita in prima assoluta a New York al Metropolitan Opera Theatre nel 1918, con la partecipazione di Galileo Chini (1873-1956).


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